Il Bombardamento di Prato
La vallata era ancora sonnecchiante; il gallo aveva già cantato svegliandoci; il Bisagno scorreva limpido e lento; le nonne e le mamme, immerse con l'acqua alle caviglie, preparavano il bucato.
Oggi, 25 aprile, era il grande giorno: riavrebbero abbracciato i loro cari, valorosi combattenti partigiani, che da mesi combattevano sui nostri monti, oltrechè il nemico, anche il freddo, le ferite e la fame, in parte sopita dalla generosità dei campagnoli con quel poco che la terra offriva e riuscito ad occultare alle razzie dei soldati avversari.
Il sole già alto invitava le mie sorelle e amiche a raccogliere nei campi mazzi di fiori per donarli ai liberatori partigiani e amici d'infanzia; da una radio in lontananza si udivano le note di "Bella ciao!" interrotte da "Viva l'Italia!"
Un giovane, che per paura di arruolamenti forzati, si era nascosto in una cantina dentro una botte, uscì finalmente all'aria aperta.
L'arrivo dei Patrioti era previsto nel pomeriggio. A mezzogiorno giunse notizia che erano in atto le fucilazioni delle spie, dei traditori e delle ultime SS. Queste avvenivano nel muro di cinta dell'attuale Casa di riposo Doria; alcune nostre ragazze, che si erano fidanzate con i militari avversari, furono sottoposte al macabro rituale del taglio dei capelli, "pena" prevista per le donne che frequentavano i tedeschi.
Ad un tratto un rombo di aerei mi incuriosì e chiamai mia madre: lei aveva già capito! Erano aerei, forse inglesi, che intendevano ostacolare l'arrivo dei partigiani bombardando il Ponte della Paglia. Ma le bombe, allora non ancora "intelligenti", finirono sulle persone ai bordi delle strade che erano in attesa dei liberatori partigiani per festeggiarli.
Mia madre mi spinse al suolo facendomi scudo con il suo corpo: lei fu colpita al viso da vetri e terra. Appena il fragore delle esplosioni cessò, il suo pensiero si rivolse immediatamente alle altre figlie ed alle amiche che erano in strada.
Per fortuna erano riuscite ad appartarsi dopo aver udito i primi colpi delle le mitragliatrici; dal loro riparo videro cadere quelle che io chiamavo "confetti" (bombe). Queste caddero in più punti, anche sulla scuola improvvisata che avrei dovuto frequentare. Nel vile attacco aereo rimase ucciso, fra gli altri, anche il ragazzo che visse nella botte per tutto quel tempo.
Si udivano dappertutto grida di dolore e di rabbia. Ma la generosità e l'altruismo degli abitanti di Prato non si smentì: furono compiuti atti eroici con i pochi mezzi che erano disposizione: alcuni cavalli, dalla criniera scomposta e gli occhi smarriti, trainavano tavole intrecciate tra loro con sopra morti e feriti medicati alla meglio.
Nel pomeriggio, come previsto, cominciò il ritorno tanto atteso dei reduci partigiani: una processione di gioia per i familiari creduti morti e invece ritrovati, sebbene molto provati, vivi, ma anche di dolore per quelli che erano stati uccisi.
Quella sera il Bisagno scorreva lento ma non era più limpido come al mattino ma rosso, rosso come il sangue dei cittadini morti il giorno che aveva inizio la libertà, ottenuta grazie al sacrificio degli eroi partigiani.
Angela (testimone oculare)
Il mio più sentito ringraziamento alle Signore Iolanda, al Signor Tino e al Signor Amedeo per le informazioni e i consigli forniti.